Il problem solving



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Il problem solving è un'abilità quanto mai importante nel mondo odierno: siamo continuamente chiamati a risolvere problemi nuovi ed inaspettati in un mondo che cambia vorticosamente. Inoltre, le nuove tecnologie impongono un approccio per prove ed errori, tipico del problem solving. Ma cos'è il problem solving? Vediamo nello specifico.

Il problem solving è caratterizzato da due aspetti fondamentali. Il primo è che un problema esiste solo quando c'è un obiettivo da raggiungere (la cui soluzione non è del tutto ovvia). Il secondo è che, solitamente, il problema può essere risolto in diversi modi.

Nel problem solving, bisogna considerare lo stato iniziale, ossia le conoscenze della persona all'inizio del compito, lo stato finale, ossia l'obiettivo che si spera di raggiungere, le operazioni che il soggetto può compiere per risolvere il problema, ed infine, l'ambiente in cui opera il soggetto. L'ambiente può influire positivamente o negativamente sulla risoluzione del problema.


La bravura dell'insegnante non
consiste nell'eliminare l'errore,
ma nel saper utilizzare l'errore
come occasione di apprendimento! Fonte

Tutti noi insegnanti concordiamo sull'importanza del problem solving. Per definizione, non si può parlare di problem solving senza ammettere l'importanza dell'errore. L'errore è infatti indispensabile nel trovare la soluzione ad un problema: è soltanto sbagliando che, infine, si può trovare la via del successo. Purtroppo, però, anche docenti che, a parole, riconoscono l'importanza del problem solving, a volte però nei fatti impostano una didattica che si distanzia nettamente dai principi della pedagogia dell'errore. Quest'ultima è intimamente legata con i princìpi che stanno alla base del problem solving, in quanto valorizza l'importanza dell'errore. Non solo gli insegnanti, molto spesso, sviliscono l'errore e valorizzano una prestazione error-free, ma anche gli alunni stessi si sentono a disagio e si vergognano dei loro errori. Se si adottano i princìpi del problem solving, bisogna contemplare non solo l'errore, ma anche il tempo trascorso a pensare, nel dubbio. Pensare, avere delle incertezze, tornare sui propri passi, non è una perdita di tempo, ma è quell'atteggiamento che porta dal conflitto cognitivo alla risoluzione del problema.


L'insight Fonte

Vi sono diversi modi di risolvere un problema. Un problema, infatti, può essere risolto per prove ed errori, oppure può avvenire un'illuminazione improvvisa (insight). La risoluzione di un problema può anche essere intesa come una forma di esplorazione. Herbert Simon è famoso per aver studiato i problemi complessi. In tali problemi, non vi è un elemento chiave che porta alla risoluzione del problema, quindi l'enfasi non è sull'insight, bensì sui processi mentali che portano alla risoluzione dei problemi in generale. Il tipo di approccio alla risoluzione di un problema dipende solitamente dal tipo di problema. Infatti, vi sono problemi definiti in modo chiaro (well-defined) ed altri definiti in modo vago / incerto (ill-defined). Nei problemi definiti chiaramente, lo stato iniziale e gli obiettivi da raggiungere sono chiari a tutti, e pertanto ,lo sono anche le operazioni per passare dallo spazio-problema allo spazio-risoluzione. Un esempio di problema definito chiaramente è la risoluzione di un'equazione, mentre un problema definito in modo oscuro può essere quello di trovare una cura contro il cancro.

Un concetto di fondamentale importanza, quando si parla di problem solving, è quello delle rappresentazioni mentali che stanno alla base del problema, ossia i diversi modi di rappresentare mentalmente un problema possono condurre a diverse soluzioni. A seconda di tali rappresentazioni, le soluzioni possono essere più o meno adeguate. Un ottimo esempio per comprendere l'importanza delle rappresentazioni mentali è dato dalla politica. Per esempio, a seconda della causa che esponenti di diversi partiti politici attribuiscono ad uno stesso problema economico, essi incrementeranno oppure ridurranno le tasse.

La soluzione del problema avviene grazie alle euristiche, le quali si differenziano dagli algoritmi in quanto, mentre questi ultimi portano in modo sicuro all'obiettivo, esse sono basate sull'intuizione (la radice della parola "euristica" deriva dal greco "trovare, "scoprire"), e quindi non necessariamente portano alla soluzione del problema. Esse possono essere di livello generale (ovvero applicabili a qualsiasi tipo di problema) oppure specifiche (per es. le euristiche che si possono utilizzare nel gioco degli scacchi). Ecco alcune euristiche di livello generale:

  1. Means-end analysis consiste nel ridurre la discrepanza tra lo stato attuale e lo stato desiderato; tale avanzamento è possibile suddividendo il problema in sotto-obiettivi; l'avanzamento non avviene per prove ed errori perché i vari passi avanti non vengono fatti casualmente;
  2. Working backward, ossia lavorare all'indietro: una volta individuato un obiettivo, si individua il passo immediatamente precedente e così via. Tale euristica ricorda il chaining retrogrado;
  3. Approssimazioni successive: la scrittura, o la realizzazione di una presentazione, sono degli esempi emblematici di tale euristica. Essere consapevoli di tale euristica permette di mantenere fiducia in un lavoro che sembra incompleto. Anziché gettare la spugna, si può trovare la forza necessaria per andare avanti e magari raggiungere un traguardo inaspettato;
  4. Fornire una rappresentazione esterna del problema. Per esempio, può essere realizzato un grafico, o un'immagine, o una lista dei pro e contro... Qualsiasi di questi metodi permette di rappresentare il problema in maniera molto più eloquente che utilizzando semplicemente le parole. A volte, ciò che non risulta del tutto chiaro a parole può acquisire un senso nuovo attraverso altri canali sensoriali, quello visivo in primis.
    Tale esternalizzazione è spesso pubblica, e quindi permette di affermare chiaramente la propria visione del problema e di condividerla con altri.

Anche se, per la maggior parte, le euristiche funzionano in maniera inconscia e spontanea, risulta importante includerle nell'insegnamento del problem solving. Come sostiene Herbert Simon, le euristiche vanno insegnate, esplicitate e praticate, ed un curricolo scolastico che include il problem solving non può limitarsi a fornire pratica nella risoluzione di problemi: deve istruire sulla natura e sull'uso delle euristiche.

Risulta di fondamentale importanza operare con gli studenti una riflessione metacognitiva durante tutto il processo di risoluzione del problema. In particolare, è fondamentale che gli studenti siano in grado di organizzare il loro lavoro in rapporto agli obiettivi da raggiungere. Soprattutto quando un problema è complesso, e prevede quindi la scomposizione in sotto-obiettivi, gli studenti devono destreggiarsi nell'avanzamento tra i vari sotto-obiettivi, non perdendo mai di vista l'obiettivo finale. Inoltre, è necessaria sempre molta flessibilità, in quanto capita spesso che uno studente si "incaponisca" nel cercare di risolvere un problema in un dato modo, perdendo alla fine solo tempo utile, e non arrivando mai alla soluzione. Essere flessibili significa quindi riuscire a comprendere quando cambiare strategia, senza necessariamente dover ricominciare da capo.

Chiramente, l'esperienza pregressa con problemi simili accresce le possibilità di trovare delle soluzioni adeguate ad un dato problema. Un altro aspetto importante da considerare riguarda l'importanza del gruppo. La risoluzione della maggior parte dei problemi reali (es. inventare un nuovo software) avviene in gruppo. Infatti, il gruppo permette di fornire diverse rappresentazioni del problema, e quindi aumentano le possibilità che una di queste rappresentazioni possa portare alla soluzione. Inoltre, il gruppo permette il "ragionamento distribuito", in quanto membri diversi dello stesso gruppo possono occuparsi di apetti diversi del ragionamento (es. ragionamento causale, deduttivo, induttivo).

Bibliografia

Dama, M., & Dunbar, K. (1996). Distributed reasoning. When social and cognitive worlds fuse. In Proceedings of the Eighteenth Annual Meeting of the Cognitive Science Society. 166- 170

Dunbar, K. (1998). Problem solving. A companion to cognitive science, 14, 289-298.

Herbert A.S. (1980). Problem solving and education, in D.T. Tuma and F. Reif (eds.), Problem solving and education: issues in teaching and research. Hillsdale, N.J.: Erlbaum.

Martinez, M. E. (1998). What is problem solving?. The Phi Delta Kappan, 79(8), 605-609.

di Michele Cucuzzella